Una storia matematica – Capitolo due

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Capitolo due

– Be’, mi sono segnato le quantità che ti ha detto. Se facciamo un diagrammino, – e disegnò un diagramma di Eulero-Venn – con i valori noti, vediamo che possiamo completarlo aggiungendo 2.601, 1.747 e 6.040. Guarda il disegno. Ora basta sommare tutti i numeri ed il gioco è fatto. Nella biblioteca ci sono 14.311 libri!

– È vero, non ci avevo pensato!
– Dai, è ora di andare, sono le nove… non vorrei sbagliarmi sul quarto d’ora accademico.
– Meglio non arrivare in ritardo, almeno il primo giorno. Avremo tempo di dormire domani e mercoledì, visto che iniziamo lezione alle 11.

I due tornarono davanti al Dipartimento. Giulia disse:

– Guarda, è arrivato qualcun altro.

In breve una piccola folla si era formata davanti all’entrata del Dipartimento di Matematica.
Per ultimo, alle nove e un quarto precise, arrivò il professore di analisi.

– Entrate pure, ragazzi, non siate timorosi.

Una volta in aula il professore iniziò la lezione.

– Buongiorno. Vi vedo molto numerosi… spero siate altrettanti l’ultima lezione.

Giulia sussurrò ad Andrea:

– Ma cosa sta dicendo? Perché dovremmo essere di meno? Dici che così tanti studenti rinunceranno a fare matematica?
– No, – rispose Andrea – non credo. Più che altro, visto che le lezioni non sono obbligatorie, molti studenti preferiranno rimanere a casa e studiare poi per conto loro.
– Dici davvero? Ma i professori non se la prendono se uno non va a lezione?
– Non credo più di tanto… in fondo li pagano lo stesso.

Il docente interruppe il discorso per riprendere i due che stavano chiacchierando:

– Ragazzi, almeno fate silenzio. Le lezioni non sono obbligatorie, quindi per venire e chiacchierare o leggere il giornale come fanno gli ingegneri statevene pure a casa vostra.
– Ci scusi, professore – disse Andrea.

L’insegnante continuò:

– Dove ero rimasto? Ah, sì. L’analisi. Vorrei fare una panoramica del corso, prima di iniziare a spiegare…

Il docente terminò la sua lezione, appoggiò il gesso sulla lavagna e salutò gli studenti.

– Arrivederci a domani, abbiamo lezione alle 11, non è vero?

Qualcuno dalla platea confermò e il professore finalmente lasciò l’aula.

– Ora ci dovrebbe essere lezione di geometria, o almeno dovrebbe essere alle 11. – disse Giulia.
– Credo che inizierà alle 11 e un quarto, quindi abbiamo mezz’ora di tempo.
– Già, ha anche finito un quarto d’ora prima.
– Mi sembra giusto, no? Ha fatto due ore da 45 minuti, che fanno un’ora e mezza, quindi i conti tornano.
– È vero, dovevo arrivarci: studio matematica! – e sorrise.
– Non è proprio la stessa cosa. Hai ascoltato quello che ha detto il professore di analisi? Non vedremo praticamente mai i numeri, ma più che altro studieremo in modo più profondo il perché delle cose… lasciamo i conti agli ingegneri!
– Vero. Quando uscirò di qui probabilmente dovrò chiedere aiuto per fare il conto della spesa!
– Non credo che arriveremo mai a tanto, dai… magari conosceremo un modo molto più veloce e comodo per calcolare la spesa senza dover impazzire con la calcolatrice…
– Credo che andrò a conoscere qualcun’altro nostro compagno di corso. Vieni anche tu?
– No, ho un leggero languorino. Ho visto una macchinetta del caffè nell’atrio, credo che conoscerò i nostri compagni più tardi.
– A dopo, allora.
– Ciao.

Andrea nel frattempo uscì dall’aula alla volta della macchinetta, trovando un gruppo di studenti che parlottavano. Uno di loro stava sorseggiando una bibita in lattina appena presa al distributore a fianco.

– Salve, ragazzi, anche voi di matematica?

I tipi si voltarono a guardare Andrea e non risposero.

– Sempre così simpatici? – e si avvicinò alla macchinetta del caffè.

Nel frattempo uno dei tizi si voltò verso Andrea:

– Hai dei problemi, matricola?
– Nessun problema. Potevate anche rispondere alla mia domanda.

Il ragazzo con la lattina si rivolse ad Andrea.

– Senti, saputello, ma voi di matematica siete tutti così?
– Così come?
– Una cerchia ristretta che si crede chissà chi…
– Io non credo niente, volevo solo fare conoscenza.
– A noi non interessa fare conoscenza con te, però…
– Beh, pazienza, non sai cosa ti perdi… – concluse Andrea peccando d’orgoglio.
– Senti, ragazzino, visto che sai tutto… facciamo che rispondi ad una domanda “a bruciapelo” – disse mimando le virgolette con le dita…
– Dimmi pure – rispose, senza dare a vedere troppo la sua agitazione.
– Allora, carissimo… sai qual è la differenza tra numerologia e teoria dei numeri?
– Più o meno la stessa che c’è tra astronomia e astrologia, – disse immediatamente, ma forse la numerologia è più interessante dell’astrologia: almeno non illude.
– Non male. E ora una domanda di cultura generale, che in un qualche modo riguarda anche la matematica. Perché il 17 porta sfortuna?
Andrea esitò un po’ dopo quella domanda, ma dopo qualche secondo, sicuro di sé, rispose:
– È una superstizione molto antica. In numeri romani il 17 si scrive XVII, anagramma di VIXI, cioè “vissi”, ovvero “sono morto”.
– Bravo ragazzo, non lo sapevo nemmeno io, e la tua risposta mi sembra molto ingegnosa, anche se non posso sapere se è quella giusta. Io ne conoscevo un’altra. Secondo i pitagorici il numero 17 portava sfortuna perché giaceva tra 16 e 18, gli unici due numeri interi che rappresentano aree di rettangoli a lati interi in cui il perimetro è uguale all’area.

Davvero?

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