Una storia matematica – Capitolo nove

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

La sera si trovarono tutti in piazza alle nove, più o meno in punto. Le ragazze arrivarono con qualche minuto di ritardo.

– E poi dicono che noi uomini abbiamo pregiudizi nei vostri confronti. – disse Andrea.
– Dai, che sono solo cinque minuti. – rispose Giulia.

Dario diplomaticamente disse:

– Salite in macchina, altrimenti non arriviamo più. Voi sapete dove andare?
– Certo! – rispose Andrea
– Qualcun altro sa dove dobbiamo andare? – disse sorridendo Dario
– Non ti fidi più di me? Al massimo chiediamo a qualcuno che incontriamo sulla strada, così da sfatare questo mito secondo cui gli uomini non vogliono mai chiedere informazioni.
– Io non ho mai detto niente, – intervenne Giulia – e poi siete voi quelli dei pregiudizi. Prima il bagno, ora il ritardo…
– C’è un bivio. Dove devo andare? – disse Dario – Il cartello è caduto.

I ragazzi si trovavano presso un bivio, ormai si era fatto buio. Sul lato della strada c’era un giovanotto che sembrava straniero, anch’egli con la sua macchina.

– Lui sicuramente saprà dove andare per la festa inaugurale. – disse Andrea
– Prova a chiederglielo. – rispose Dario
– Ora provo… Mi scusi, – il ragazzo si voltò e rimase in silenzio con un’espressione distaccata – saprebbe indicarmi la strada per la festa inaugurale dell’Università?

Il giovane rimase in silenzio e parve arrabbiato per il disturbo che i quattro studenti gli stavano creando.
Dall’altro lato della strada si sentì una voce:

– È svizzero.

A parlare era una persona piuttosto anziana, che sembrava essere apparso dal nulla.
Andrea si avvicinò al nuovo arrivato:

– Mi scusi, buon uomo, stiamo cercando una festa, non vediamo nessuno e a questo punto crediamo di esserci persi. Ci saprebbe indicare la strada per la cascina?
– Non so proprio aiutarvi, mi spiace. Sicuramente però lui potrà esservi di aiuto, solo che è svizzero.
– Quindi capisce e parla la nostra lingua, o per lo meno il francese, no?
– Nemmeno per sogno. Conosce solo lo svizzero.
– Ma che lingua è lo svizzero? In Svizzera parlano italiano, francese e tedesco. Non parlano lo svizzero.
– E invece questo parla lo svizzero, però capisce giustamente le tre lingue che hai appena elencato. Solo che non le parla.
– E come fa a rispondermi?
– Ti posso dire che “ra” e “ti” vogliono dire sì o no, ma non so quale dei due vuol dire sì e quale no.
– Be’, questo vuol dire che devo fargli una domanda la cui risposta sia sì o no, che per lui saranno ra e ti.
– Esatto, ma ricordati che non sai qual è il significato singolo dei due termini.
– Non è un problema, ho già in mente la domanda da fargli, sempre che lui capisca la mia lingua.
– Certo, la capisce alla perfezione.

Andrea si avvicinò al ragazzo svizzero quando il vecchio lo interruppe:

– Ah, dimenticavo. Gli svizzeri sono un popolo molto strano. Alcuni dicono sempre la verità, altri sempre il falso. Tieni conto di questo nella tua domanda.
– Ho capito, ma questo qui – indicando il giovane – è uno di quelli che mente sempre o uno di quelli che dice sempre la verità?
– Non ne ho la più pallida idea.
– Idea! Prima gli faccio una domanda per sapere questo, e poi quella per farmi dire qual è la strada giusta.
– Non credo che così funzioni. Gli svizzeri di solito si arrabbiano se devono rispondere a più di una domanda.
– Vuole dire che devo fargli una sola domanda?
– Già, una sola.
– Ma non so né se dice il vero o il falso, né cosa vogliono dire ra e ti. E tantomeno conosco la strada giusta.
– È un grosso problema, ma dovrai cavartela da solo, sempre che tu voglia andare alla festa.

Andrea si girò verso gli altri:

– Ragazzi, vogliamo proprio andare alla festa?
– Be’, possiamo optare per un gelato in centro… – disse Giulia.
– No, io voglio andare alla festa. E poi non vedete che è una sfida? Secondo me è una specie di test d’ingresso per poter andare alla festa! – interruppe Dario.

Anche Andrea era d’accordo:

– Hai ragione, Dario, e poi questi giochini da dilettanti non dovrebbero spaventarci. Mettiamoci di buona lena e pensiamo a questa maledetta domanda.

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