Una storia matematica – Capitolo nove

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

La sera si trovarono tutti in piazza alle nove, più o meno in punto. Le ragazze arrivarono con qualche minuto di ritardo.

– E poi dicono che noi uomini abbiamo pregiudizi nei vostri confronti. – disse Andrea.
– Dai, che sono solo cinque minuti. – rispose Giulia.

Dario diplomaticamente disse:

– Salite in macchina, altrimenti non arriviamo più. Voi sapete dove andare?
– Certo! – rispose Andrea
– Qualcun altro sa dove dobbiamo andare? – disse sorridendo Dario
– Non ti fidi più di me? Al massimo chiediamo a qualcuno che incontriamo sulla strada, così da sfatare questo mito secondo cui gli uomini non vogliono mai chiedere informazioni.
– Io non ho mai detto niente, – intervenne Giulia – e poi siete voi quelli dei pregiudizi. Prima il bagno, ora il ritardo…
– C’è un bivio. Dove devo andare? – disse Dario – Il cartello è caduto.

I ragazzi si trovavano presso un bivio, ormai si era fatto buio. Sul lato della strada c’era un giovanotto che sembrava straniero, anch’egli con la sua macchina.

– Lui sicuramente saprà dove andare per la festa inaugurale. – disse Andrea
– Prova a chiederglielo. – rispose Dario
– Ora provo… Mi scusi, – il ragazzo si voltò e rimase in silenzio con un’espressione distaccata – saprebbe indicarmi la strada per la festa inaugurale dell’Università?

Il giovane rimase in silenzio e parve arrabbiato per il disturbo che i quattro studenti gli stavano creando.
Dall’altro lato della strada si sentì una voce:

– È svizzero.

A parlare era una persona piuttosto anziana, che sembrava essere apparso dal nulla.
Andrea si avvicinò al nuovo arrivato:

– Mi scusi, buon uomo, stiamo cercando una festa, non vediamo nessuno e a questo punto crediamo di esserci persi. Ci saprebbe indicare la strada per la cascina?
– Non so proprio aiutarvi, mi spiace. Sicuramente però lui potrà esservi di aiuto, solo che è svizzero.
– Quindi capisce e parla la nostra lingua, o per lo meno il francese, no?
– Nemmeno per sogno. Conosce solo lo svizzero.
– Ma che lingua è lo svizzero? In Svizzera parlano italiano, francese e tedesco. Non parlano lo svizzero.
– E invece questo parla lo svizzero, però capisce giustamente le tre lingue che hai appena elencato. Solo che non le parla.
– E come fa a rispondermi?
– Ti posso dire che “ra” e “ti” vogliono dire sì o no, ma non so quale dei due vuol dire sì e quale no.
– Be’, questo vuol dire che devo fargli una domanda la cui risposta sia sì o no, che per lui saranno ra e ti.
– Esatto, ma ricordati che non sai qual è il significato singolo dei due termini.
– Non è un problema, ho già in mente la domanda da fargli, sempre che lui capisca la mia lingua.
– Certo, la capisce alla perfezione.

Andrea si avvicinò al ragazzo svizzero quando il vecchio lo interruppe:

– Ah, dimenticavo. Gli svizzeri sono un popolo molto strano. Alcuni dicono sempre la verità, altri sempre il falso. Tieni conto di questo nella tua domanda.
– Ho capito, ma questo qui – indicando il giovane – è uno di quelli che mente sempre o uno di quelli che dice sempre la verità?
– Non ne ho la più pallida idea.
– Idea! Prima gli faccio una domanda per sapere questo, e poi quella per farmi dire qual è la strada giusta.
– Non credo che così funzioni. Gli svizzeri di solito si arrabbiano se devono rispondere a più di una domanda.
– Vuole dire che devo fargli una sola domanda?
– Già, una sola.
– Ma non so né se dice il vero o il falso, né cosa vogliono dire ra e ti. E tantomeno conosco la strada giusta.
– È un grosso problema, ma dovrai cavartela da solo, sempre che tu voglia andare alla festa.

Andrea si girò verso gli altri:

– Ragazzi, vogliamo proprio andare alla festa?
– Be’, possiamo optare per un gelato in centro… – disse Giulia.
– No, io voglio andare alla festa. E poi non vedete che è una sfida? Secondo me è una specie di test d’ingresso per poter andare alla festa! – interruppe Dario.

Anche Andrea era d’accordo:

– Hai ragione, Dario, e poi questi giochini da dilettanti non dovrebbero spaventarci. Mettiamoci di buona lena e pensiamo a questa maledetta domanda.

Una storia matematica – Capitolo otto

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Il tovagliolo recitava:
Sia n un numero con più di due cifre, posso scriverlo come [pmath]10a + b[/pmath], dove b è un numero minore di 10. Ad esempio se [pmath]n = 1341[/pmath], posso scriverlo [pmath]1341 = 134 * 10 + 1[/pmath], quindi [pmath]a = 134[/pmath] e [pmath]b = 1[/pmath].
Ora la regola dice che se [pmath]a – 2b[/pmath] è divisibile per 7, allora lo è anche n.
Scriviamo quindi [pmath]a – 2b = 7k[/pmath], dobbiamo far vedere che n può essere scritto come [pmath]n = 7h[/pmath] per qualche h intero.
Se [pmath]a – 2b = 7k[/pmath], allora [pmath]a = 7k + 2b[/pmath]. Sostituendolo in [pmath]n = 10a + b[/pmath] otteniamo

[pmath]n = 10 * (7k + 2b) + b = 70k + 21b = 7 * (10k + 3b)[/pmath]

come volevasi dimostrare.

– La vostra dimostrazione mi sembra buona. – disse Chiara
– Lo credo bene – rispose Dario
Intervenne Andrea nella discussione:
– Ragazzi, mi sembra che stiamo scadendo un po’. Programmi per oggi pomeriggio?
– Lezioni non ne abbiamo.
– Mi hanno detto che c’è una specie di festa inaugurale poco fuori città per tutti gli studenti iscritti al primo anno.
– Sì, ma sarà questa sera.
– Alle 22.
– Beh, allora possiamo vederci magari più tardi, così abbiamo anche il tempo di mettere a posto le cose nelle nostre rispettive abitazioni.
– E di prepararci – intervenne Giulia
– Ben detto, Giulia! – disse Chiara
– Ho capito, Ci vediamo stasera, facciamo verso le nove? Andiamo con la mia macchina. – disse il motorizzato Dario
– Ma dove è questa festa? – chiese Giulia
– Credo che sia un una cascina poco fuori città.
– Ok, ci vediamo stasera alle nove in piazza, ok?
– Va bene, a dopo.

Per permettere alla storia di passare tutto il pomeriggio, ecco la dimostrazione del problema di cui si è parlato prima. Per cercare i divisori di un numero basta controllare tutti i numeri primi minori o uguali alla radice del numero stesso.

In realtà la risposta è molto semplice. Sia n il numero di cui si vogliono calcolare i fattori primi. Ovviamente non consideriamo n come divisore, in quanto banale.
Nel caso in cui il numero non abbia divisori la regola banalmente funziona: se non ne troviamo prima della radice di n, allora concludiamo che non ce ne sono, il che è vero per ipotesi.
Ipotizziamo invece che il numero abbia un divisore. Se esso si trova prima della radice di n, lo troviamo; quindi possiamo tranquillamente supporre che sia maggiore della radice di n.
Detto k tale divisore, esisterà un numero h tale che [pmath]hk = n[/pmath], per definizione di divisore. Ricordiamo che per quanto detto sopra, sicuramente [pmath]k < n[/pmath]. Sia ora m il numero (reale e positivo) tale che [pmath]m^2 = n[/pmath]. Allora [pmath]hk = m^2[/pmath]. Ma [pmath]k > m[/pmath], quindi [pmath]m^2 = hk > hm[/pmath], da cui si deduce, semplificando per m, che [pmath]m > h[/pmath], ovvero: se esiste un divisore k maggiore della radice di n, allora ne esisterà anche un altro h minore della radice di n. Una volta trovato h, è sufficiente fare [pmath]n / h[/pmath] per trovare l’altro divisore i.
Quindi, una volta trovati tutti i divisori minori della radice di n, abbiamo anche automaticamente trovato tutti quelli maggiori.

Una storia matematica – Capitolo sette

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

– Il problema, in questi casi, è di riuscire a modellizzarlo bene, ovverosia trasformare le informazioni in nostro possesso in “matematichese”, per poter risolvere il quesito applicando le regole che ci sono state insegnate dalla matematica.
– Beh, abbiamo due numeri la cui differenza è 11.111. Possiamo chiamarli x e y.
– Giusto, quindi [pmath]x – y = 11.111[/pmath].
– Ed inoltre sono quadrati perfetti.
– Come si traduce questo in matematichese?
– Be’, se intendiamo x e y come le radici dei numeri che cerchiamo, forse siamo facilitati nel risolvere il problema.

Andrea e Dario ascoltavano assorti (e anche un po’ divertiti).

– Quindi [pmath]x^2 – y^2 = 11.111[/pmath].
– E ora?
– Beh, possiamo scrivere [pmath](x + y)(x – y) = 11.111[/pmath].
– Caspita, non ci avevo proprio pensato. Ora basta scomporre in fattori primi 11.111 e il gioco è fatto, no? Tanto la scomposizione in fattori primi è unica, quindi non dovremmo avere problemi.
– Sì, sperando che 11.111 abbia solo due divisori primi.
– Perché?
– Altrimenti ci saranno più combinazioni di x e y. Se invece la scomposizione è unica, lo è anche la soluzione.
– Beh, dovrebbero essercene comunque due.
– Sì, ma una sarebbe negativa.
– Ah, sì, è vero. Beh, scomponiamo 11.111. Non è divisibile per 3, 5, 7…
– Come fai a sapere che non è divisibile per 7?
– Non conosci la regolina? Togli l’ultima cifra dal numero, in questo caso il numero 1. Poi lo raddoppi, e viene 2. Poi lo sottrai dal numero che ti è rimasto prima, ovvero 1.111. In questo caso 1.111 – 2 viene 1.109. Se questo è divisibile per 7 lo è anche l’altro, e viceversa.
– Sì, ma siamo al punto di partenza.
– Beh, possiamo iterare il metodo e applicarlo di nuovo con 1.109.
– Giusto, quindi tolgo il 9, lo raddoppio ottenendo 18 e lo sottraggo a 110. Viene 92.
– Giusto, ora prendi il 2, lo raddoppi ottenendo 4 e lo sottrai al 9. 9 – 4 fa 5, che non è divisibile per 7.
– Aspetta, non ci credo. Prendo 49, che so essere divisibile per 7. Voglio provare ad applicare la tua regolina. Raddoppio il 9 e viene 18. Ora faccio 4 – 18… ma viene un numero negativo.
– Che ti importa? Viene comunque -14 che è un multiplo di 7, anche se negativo.
– Caspita, ma è difficile da dimostrare?
– Non credo, ma al massimo lo facciamo fare ai saputelli qui a fianco…
– Giusto. Ora torniamo al nostro problema. Non è quindi divisibile per 3, 5, 7, nemmeno per 11, direi.
– No, infatti.

Nel frattempo anche Andrea e Dario si erano messi a scribacchiare su un tovagliolo.
Chiara riprese:

– Proviamo a vedere per 13.
– Il 13 nel 111… non mi pare.
– No, infatti. 17 nemmeno e neanche 19.
– Meglio, almeno aumentano le probabilità che la scomposizione sia unica.
– Nemmeno 23 e 27.
– Guarda che 27 è 9 per 3.
– Ah, già, non è primo.
– 29, 31, 37. Nemmeno loro vanno bene.
– Ma fino a dove dobbiamo arrivare? Fino a 11.111?
– No credo che basti la metà.

A questo punto intervenne Andrea:

– Vi dò uno sgamo: è sufficiente arrivare fino alla radice quadrata del numero, quindi nel vostro caso dovreste cavarvela smettendo intorno a 102 o 103… E ringraziate che non vi faccio dimostrare anche questo!
– Ok, stai tranquillo… Dove eravamo rimasti, Chiara?
– Al 37. Ora c’è il 41.
– Funziona! Il 41 va bene. 11.111 diviso 41 fa 271.
– Perfetto! Ora bisogna scomporre 271.
– E dobbiamo arrivare solamente fino alla radice di 271, quindi prima di 20.
– Sì, indicativamente sì.
– Beh, 3, 5, 7, 11 non vanno bene.
– Nemmeno 13, 17 e 19.
– Sì, è vero, quindi è primo! – urlò Giulia, non nascondendo soddisfazione.
– Quindi [pmath]x + y = 271[/pmath] e [pmath]x – y = 41[/pmath]. Ci siamo.
– Già, ora risolviamo il sistema.

Chiara e Giulia iniziarono a fare calcoli.

– Ecco! x è 156 e y è 115.
– Infatti se facciamo i quadrati vengono rispettivamente 13.225 e 24.336, la cui differenza è 11.111.

Andrea rispose con sufficienza:

– Va bene, ve la siete cavata. Questa invece è la nostra dimostrazione del vostro giochino sul 7.
– Date qua – e Chiara strappò di mano ad Andrea il tovagliolo.

Una storia matematica – Capitolo sei

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

– Allora, si può sapere cosa era questa storia del contachilometri? L’unica cosa che ho capito è che abbiamo fatto 11.111 metri inutilmente! – iniziò Chiara azzannando una fetta di pane.
– Ti spiego. – continuò Dario – Mentre le signorine erano in bagno – e su quel “signorine” le signorine fecero un’espressione di disaccordo – Andrea notava che le ultime cinque cifre del contachilometri formavano un quadrato perfetto, ovverosia – disse con fare altezzoso – la cui radice quadrata è un numero intero.
– Grazie per la spiegazione finale – aggiunse Chiara.
– Quando ci siamo fermati qui davanti Andrea notava che le ultime cifre del contachilometri, che poi in realtà è un conta-metri, erano di nuovo un quadrato perfetto. Tutto lì, Andrea ed io ci eravamo solo stupiti della coincidenza.
– E quali erano questi numeri? – intervenne Giulia
– Vorreste saperlo, eh? – continuò Dario
– Vi piacerebbe, eh? – aggiunse Andrea
– Beh, facciamo matematica, possiamo benissimo calcolarlo!
– Certo, Giulia. O meglio: forse, Giulia. Io e Andrea non vorremmo mai sopravvalutarvi…
– È una sfida? – così dicendo Giulia prese un tovagliolo e una biro e iniziò a fare i conti.
– Ma sono numeri interi, è un casino. – disse Chiara
– È una questione di principio, Chiara.

Nel frattempo Dario ed Andrea si stavano godendo la scena.

– Va bene, Giulia, che dati abbiamo?
– Due numeri di cinque cifre, entrambi quadrati perfetti, la cui differenza è 11.111.
– Non mi sembra molto.
– Però dovrebbe bastarci.

A quel punto intervenne Dario:

– Problemi a modellizzare il problema?
– Tutto è un problema – aggiunse Andrea
– Tutto è numero, come direbbe Pitagora.
– Già, Dario, quindi il problema è un numero?

Andrea e Dario scoppiarono a ridere, Chiara e Giulia no.

– Molto divertente. – disse Giulia in una finta risata
– Mia sorella fuma, la ciminiera fuma, quindi mia sorella è una ciminiera? Non è un discorso valido.

Andrea e Dario continuarono a ridere, Dario disse:

– Hai una sorella ciminiera?
– Beh, in effetti se fuma tanto il discorso regge. – aggiunse Andrea

E continuarono a ridere.
Chiara a Giulia:

– Questa però te la sei cercata!
– Non hai tutti i torti – rispose Giulia
– Credo che ormai dobbiamo risolvere il problema. Avevi ragione sulla “questione di principio”.

Una storia matematica – Capitolo cinque

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Ritornato in aula, Andrea riprese il suo posto a fianco a Giulia e le raccontò l’accaduto.

– Dici davvero? Complimenti, gliel’hai proprio fatta vedere a quei tipi. – disse lei.
– Non erano poi così cattivi come sembravano, solamente un po’ orgogliosi. Comunque sono sicuro che Luca è un figo, secondo me è molto bravo.
– Di certo è così. Io invece ho conosciuto un po’ di nostri compagni di facoltà. Lui è Dario – disse indicando un ragazzo due file dietro di lei – mentre lei è Chiara. – continuò indicando la vicina.

Andrea si voltò verso di loro e con un gesto simile ad un saluto si presentò. I due risposero con lo stesso gesto.

– Ma mi conoscono già? – chiese Andrea.
– Ho parlato loro di te, visto che eri l’unica persona che fino ad ora avevo conosciuto.

Il docente nel frattempo stava entrando in aula.

– Sta arrivando il professore. Cerchiamo di non farci di nuovo riprendere. – concluse Andrea.
– Buongiorno, – esordì – io sono il vostro professore di geometria. Scusatemi per il ritardo, ma avevo un esame.

Si sentì un brusio dalla platea.

– Ovviamente dovevo far fare un esame ad un ragazzo, non lo dovevo fare io, l’esame! Ma proseguiamo…

L’ora finì in un baleno, il professore salutò e Giulia portò Andrea a conoscere Dario e Chiara.

– Ciao a tutti – esordì Andrea.
– Ciao – rispose Dario, e così fece anche Chiara.
– Voi avete programmi per il pranzo? – disse Giulia, forse per rompere il ghiaccio.
– Assolutamente no. – rispose Andrea.
– Beh, potremmo andare a mangiare qualcosa tutti insieme alla mensa, no?
– Certo, Giulia. – rispose Chiara.
– Possiamo andare con la mia macchina, se volete. – propose Dario.
– Per me va bene – disse Andrea.

Andrea e Dario si recarono nel parcheggio di fronte al dipartimento ed entrarono in auto.

– Che curioso, – disse Andrea – hai un contachilometri che misura anche i metri?
– Sì, non è molto preciso – disse Dario – ce l’hanno messo solo per bellezza.
– Immagino… tra l’altro, se noti, le ultime cinque cifre del numero sono un quadrato perfetto.
– È vero, ma come hai fatto ad arrivarci così in fretta?
– Questione di abitudine. Ma dove saranno finite le altre due.
– In bagno. Sai come sono fatte le donne…
– Già, le amiche si vedono nel momento del bisogno, no?
– Eh, eh. Eccole che arrivano.

Appena si furono avvicinate Andrea urlò:

– Le donne dietro!
– E ti pareva? – rispose Chiara
– Ultime arrivate, male accontentate.
– Andiamo, dai. – concluse Giulia.
– Dove andiamo? – chiese Dario.
– Ti porto io. – rispose Andrea.

La macchina si mosse e in 10 minuti furono a destinazione.

– Ma non c’era una strada più breve? – chiese Dario
– Scusa, mi sono sbagliato… sono anche io nuovo di qui. Va be’, dai, abbiamo fatto un giro della città, no? – rispose Andrea
– Sì, ma mi hai fatto fare 10 chilometri per niente.
– Dieci chilometri? – buttò l’occhio sul contachilometri.
– Anzi, per la precisione 11.111 metri!
– Beh, dai, è una coincidenza piacevole, no?
– Sì, per questa chicca ti perdono l’errore – e sorrise.
– Guarda meglio, – intervenne nuovamente Andrea – le ultime cinque cifre, che poi sono le uniche ad essere cambiate, sono di nuovo un quadrato perfetto!
– Ehi, hai ragione!
– Noi dietro abbiamo fame, senza che stiate tanto a confabulare. Si può sapere di cosa state parlando? – intervenne Chiara
– Appena fuori dalla macchina vi spieghiamo tutto.
I quattro scesero dall’automobile e si diressero verso l’ingresso della mensa.

Una storia matematica – Capitolo quattro

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Andrea iniziò a scrivere sulla carta, descrivendo a voce i passaggi:

– Devo trovare un numero di cinque cifre, diciamo x, tale che [pmath]400.000 + x = 4(10x + 4)[/pmath].
– Mi sembra ottimo – rispose Luca.
– Ora raggruppo e ottengo 39x = 399.984. Divido 399.984 per 39: la risposta esatta è 10.256.
– Sei sicuro? – gli disse Luca.
– Basta provare… se aggiungo un 4 davanti al numero ottengo 410.256. Lo divido per quattro e viene 102.564, cioè il numero di partenza con il 4 in fondo.
– Bene, ora ti manca solo il quesito di teoria dei numeri.
– Mi sembra ancora più semplice. – rispose Andrea, conscio del fatto che aveva già la soluzione. Poi continuò:
– Basta scomporre [pmath]p^2 – 1 = (p + 1)(p – 1)[/pmath]. Ora ho a che fare con p, con il numero che lo precede e con quello che lo segue. Siccome p è primo, allora p + 1 e p – 1 sono divisibili per 2 e in particolare uno dei due è divisibile per 4. Quindi il prodotto di essi sarà divisibile per 8. Inoltre p – 1, p + 1 e p sono tre numeri consecutivi, quindi uno di loro è divisibile per 3. p è primo, quindi tale numero sarà uno degli altri due. In conclusione, il numero [pmath]p^2 – 1[/pmath] è divisibile per 24.
– Complimenti! Ottimo ragionamento!

Andrea tirò un sospiro di sollievo, guardò l’orologio e si affrettò a concludere:

– Scusatemi, ma devo proprio andare a lezione, ora… – lo interruppe Andrea.
– No problem, ci vediamo presto, se bazzichi spesso da queste parti.
– Certo! Sarò qui più o meno tutti i giorni, devo andare a lezione.
– Ciao.

Una storia matematica – Capitolo tre

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

– È vero, basta risolvere l’equazione xy = 2x + 2y.
– Ti vedo sveglio. Quindi ti piacciono i giochi “a sfondo matematico”?
– Molto, ho anche partecipato alle Olimpiadi della Matematica.
– Allora ti propongo un quesito di “numerologia” e uno di “teoria dei numeri”…
– Ma come faccio a risolvere quello di numerologia?
– Vedrai che ce la fai… sarà finta numerologia.
– Proviamo, allora. – Andrea era un po’ spaventato, ma aveva capito che le sue passioni erano condivise anche da altre persone.
– Trovami l’unico numero di cinque cifre che gode della seguente proprietà: se gli metti un quattro davanti ottieni un numero che è esattamente quattro volte lo stesso numero con il quattro in fondo invece che all’inizio.
– E questo è quello di numerologia…
– Esatto! Per la teoria dei numeri devi dimostrarmi che per ogni numero primo maggiore di 4 vale la proprietà che [pmath]p^2 – 1[/pmath] è divisibile per 24.
– Certamente… però mi occorre una lavagna.
– Ehi, amico, piano con le richieste… diciamo che un foglio di carta sarà più che sufficiente. Andiamo in aula studio.
– Va bene, ma almeno prima mi dite come vi chiamate e se siete di matematica?
– Direi che questo almeno te lo sei meritato, ma prima dicci come ti chiami tu.
– Io sono Andrea e sono iscritto al primo anno di matematica.
– Devi sempre aggiungere informazioni inutili a quello che dici? Comunque io mi chiamo Luca e studio matematica, come te, ma al quarto anno, e questa non è un’informazione inutile perché non potevi saperlo. Loro sono Pietro e Carlo, del terzo anno di ingegneria.
– Ingegneria? Allora matematici e ingegneri non si odiano…
– Ma tu credi a tutto quello che dice il professore di analisi? Mi sa che ti credi già un po’ troppo “matematico”. Ti ricordo che sei al primo anno e hai ancora molte cose da imparare!
– Sì, forse hai ragione.
– Certo che ho ragione. – disse sorridendo – Ma andiamo in aula studio. Solo perché mi sei simpatico non vuol dire che ti risparmio le due dimostrazioni.
– Spero di riuscire a farle entrambe, tra venti minuti ho lezione.
– Che lezione hai?
– Geometria.
– Buona fortuna, allora. Comunque il fatto di riuscire o meno a fare le dimostrazioni dipende da te, a quanto sai essere preciso e conciso allo stesso tempo, anche se temo di no, vista la tua predilezione per le parole superflue.

Appena arrivati in aula studio i ragazzi si sedettero attorno ad un tavolo e Luca consegnò ad Andrea un foglio bianco.

Una storia matematica – Capitolo due

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Capitolo due

– Be’, mi sono segnato le quantità che ti ha detto. Se facciamo un diagrammino, – e disegnò un diagramma di Eulero-Venn – con i valori noti, vediamo che possiamo completarlo aggiungendo 2.601, 1.747 e 6.040. Guarda il disegno. Ora basta sommare tutti i numeri ed il gioco è fatto. Nella biblioteca ci sono 14.311 libri!

– È vero, non ci avevo pensato!
– Dai, è ora di andare, sono le nove… non vorrei sbagliarmi sul quarto d’ora accademico.
– Meglio non arrivare in ritardo, almeno il primo giorno. Avremo tempo di dormire domani e mercoledì, visto che iniziamo lezione alle 11.

I due tornarono davanti al Dipartimento. Giulia disse:

– Guarda, è arrivato qualcun altro.

In breve una piccola folla si era formata davanti all’entrata del Dipartimento di Matematica.
Per ultimo, alle nove e un quarto precise, arrivò il professore di analisi.

– Entrate pure, ragazzi, non siate timorosi.

Una volta in aula il professore iniziò la lezione.

– Buongiorno. Vi vedo molto numerosi… spero siate altrettanti l’ultima lezione.

Giulia sussurrò ad Andrea:

– Ma cosa sta dicendo? Perché dovremmo essere di meno? Dici che così tanti studenti rinunceranno a fare matematica?
– No, – rispose Andrea – non credo. Più che altro, visto che le lezioni non sono obbligatorie, molti studenti preferiranno rimanere a casa e studiare poi per conto loro.
– Dici davvero? Ma i professori non se la prendono se uno non va a lezione?
– Non credo più di tanto… in fondo li pagano lo stesso.

Il docente interruppe il discorso per riprendere i due che stavano chiacchierando:

– Ragazzi, almeno fate silenzio. Le lezioni non sono obbligatorie, quindi per venire e chiacchierare o leggere il giornale come fanno gli ingegneri statevene pure a casa vostra.
– Ci scusi, professore – disse Andrea.

L’insegnante continuò:

– Dove ero rimasto? Ah, sì. L’analisi. Vorrei fare una panoramica del corso, prima di iniziare a spiegare…

Il docente terminò la sua lezione, appoggiò il gesso sulla lavagna e salutò gli studenti.

– Arrivederci a domani, abbiamo lezione alle 11, non è vero?

Qualcuno dalla platea confermò e il professore finalmente lasciò l’aula.

– Ora ci dovrebbe essere lezione di geometria, o almeno dovrebbe essere alle 11. – disse Giulia.
– Credo che inizierà alle 11 e un quarto, quindi abbiamo mezz’ora di tempo.
– Già, ha anche finito un quarto d’ora prima.
– Mi sembra giusto, no? Ha fatto due ore da 45 minuti, che fanno un’ora e mezza, quindi i conti tornano.
– È vero, dovevo arrivarci: studio matematica! – e sorrise.
– Non è proprio la stessa cosa. Hai ascoltato quello che ha detto il professore di analisi? Non vedremo praticamente mai i numeri, ma più che altro studieremo in modo più profondo il perché delle cose… lasciamo i conti agli ingegneri!
– Vero. Quando uscirò di qui probabilmente dovrò chiedere aiuto per fare il conto della spesa!
– Non credo che arriveremo mai a tanto, dai… magari conosceremo un modo molto più veloce e comodo per calcolare la spesa senza dover impazzire con la calcolatrice…
– Credo che andrò a conoscere qualcun’altro nostro compagno di corso. Vieni anche tu?
– No, ho un leggero languorino. Ho visto una macchinetta del caffè nell’atrio, credo che conoscerò i nostri compagni più tardi.
– A dopo, allora.
– Ciao.

Andrea nel frattempo uscì dall’aula alla volta della macchinetta, trovando un gruppo di studenti che parlottavano. Uno di loro stava sorseggiando una bibita in lattina appena presa al distributore a fianco.

– Salve, ragazzi, anche voi di matematica?

I tipi si voltarono a guardare Andrea e non risposero.

– Sempre così simpatici? – e si avvicinò alla macchinetta del caffè.

Nel frattempo uno dei tizi si voltò verso Andrea:

– Hai dei problemi, matricola?
– Nessun problema. Potevate anche rispondere alla mia domanda.

Il ragazzo con la lattina si rivolse ad Andrea.

– Senti, saputello, ma voi di matematica siete tutti così?
– Così come?
– Una cerchia ristretta che si crede chissà chi…
– Io non credo niente, volevo solo fare conoscenza.
– A noi non interessa fare conoscenza con te, però…
– Beh, pazienza, non sai cosa ti perdi… – concluse Andrea peccando d’orgoglio.
– Senti, ragazzino, visto che sai tutto… facciamo che rispondi ad una domanda “a bruciapelo” – disse mimando le virgolette con le dita…
– Dimmi pure – rispose, senza dare a vedere troppo la sua agitazione.
– Allora, carissimo… sai qual è la differenza tra numerologia e teoria dei numeri?
– Più o meno la stessa che c’è tra astronomia e astrologia, – disse immediatamente, ma forse la numerologia è più interessante dell’astrologia: almeno non illude.
– Non male. E ora una domanda di cultura generale, che in un qualche modo riguarda anche la matematica. Perché il 17 porta sfortuna?
Andrea esitò un po’ dopo quella domanda, ma dopo qualche secondo, sicuro di sé, rispose:
– È una superstizione molto antica. In numeri romani il 17 si scrive XVII, anagramma di VIXI, cioè “vissi”, ovvero “sono morto”.
– Bravo ragazzo, non lo sapevo nemmeno io, e la tua risposta mi sembra molto ingegnosa, anche se non posso sapere se è quella giusta. Io ne conoscevo un’altra. Secondo i pitagorici il numero 17 portava sfortuna perché giaceva tra 16 e 18, gli unici due numeri interi che rappresentano aree di rettangoli a lati interi in cui il perimetro è uguale all’area.

Davvero?

Una storia matematica – Capitolo uno

di Alessio Palmero Aprosio

Continua il racconto matematico in n puntate.

Capitolo uno

– Ciao, io sono Andrea.

Andrea si era avvicinato a una ragazza che sembrava, come lui, in attesa. Entrambi sostavano davanti all’ingresso del Dipartimento di Matematica dell’Università.

– Anche tu iscritta a matematica? – proseguì lui.

La ragazza alzò lo sguardo un po’ spaventata e sorrise.

– Sì. Si vede tanto, eh? Mi chiamo Giulia. Mi fa piacere sapere di non essere l’unica persona iscritta a questo corso. Sei anche tu iscritto a matematica, immagino.
– Proprio così. Anche a me fa piacere non sentirmi solo. È da tanto che sei qui ad aspettare? Credo che le lezioni inizino alle undici e un quarto.
– Così tardi? Ma sul sito internet c’era scritto alle undici.
– Sì, ma c’è il quarto d’ora accademico.
– E che cosa è?
– Una sorta di “pausa”. In realtà le ore sono da 45 minuti, quindi la lezione inizia alle 9,15 e finisce alle 10.
– Ah, capisco, molto meglio all’inizio, il quarto d’ora, così si dorme un po’ di più. – e sorrise – Dovrebbero accantonare all’inizio tutte quelle della giornata, così dormiremmo un sacco in più. – disse per rompere il ghiaccio. E forse c’era anche riuscito – Di dove sei?
– Provincia di Verona, vivo qui in un appartamento. Tu di dove sei?
– Io di Mantova, non siamo molto distanti.
– Vero: una passeggiata. Che ne diresti di fare un giro nella biblioteca del Dipartimento? Sono solo le nove meno un quarto. Giusto per passare il tempo, così vediamo anche quanti libri ci sono dentro.
– Ma sì, dai: aspettare qui mi mette solo tensione.

La biblioteca era al secondo piano del Dipartimento. Appena entrarono videro un ragazzo che stava parlando con il bibliotecario.

– Mi saprebbe dire che giorno è oggi? – disse il ragazzo.
– Come sarebbe a dire… che giorno è oggi? – rispose il bibliotecario
– Sì, lunedì, martedì, mercoledì…

Il bibliotecario sorrise sotto i baffi e disse:

– Quando l’altro ieri era domani, oggi era distante da mercoledì come oggi sarà distante da mercoledì quando dopodomani sarà ieri.

Il ragazzo rimase sconvolto, e se ne andò a testa bassa.

– Ma come? Non ha nemmeno reagito? – disse Andrea
– Probabilmente sa che il bibliotecario è particolarmente… strano! – rispose Giulia
– Facciamo che allora lo chiedi tu il numero di libri che hanno?
– Perché dovrei farlo io?
– Perché lui è uomo e tu sei donna, sicuramente se lo dice a uno solo dei due, quell’uno sei tu.
– Forse hai ragione. Allora provo?
– Vai e distruggi! Al massimo usciremo di qui senza sapere quanti libri ci sono.

Giulia si diresse verso il bibliotecario, voltandosi di tanto in tanto verso Andrea, che la sosteneva moralmente.

– Buongiorno, – disse il bibliotecario – anche lei qui per una domanda stupida?
– N-no… sono una nuova iscritta a matematica e volevo solo chiederle quanti libri ci sono in questa biblioteca.
– Ma certo! E io sono qui per dare i numeri, vero?
– Non intendevo dire questo. – Giulia era già nel panico – Volevo solo chiedere un’informazione.
– Be’, se crede che io dia i numeri, allora li dò veramente. Le dico che 5.204 volumi sono in lingua inglese, 4.560 hanno la copertina rossa e 8.527 sono stati acquistati negli ultimi 10 anni. Inoltre 1.436 sono in inglese, hanno la copertina rossa, ma non sono degli ultimi 10 anni; 1.110 sono in inglese, acquistati negli ultimi 10 anni, ma non hanno la copertina rossa; 1.320 sono rossi, degli ultimi 10 anni, ma non in inglese; solamente 57 sono rossi, in inglese e sono stati acquistati negli ultimi 10 anni.

Giulia fece la stessa faccia del giovane di prima e ritornò da Andrea.

– Help! – disse lei

Andrea sorrise e aggiunse:

– Dai, in fondo è stato divertente, no?
– Per niente! – tuonò Giulia.
– E poi ho visto che si può calcolare quanti libri ci sono.
– E come fai?

Già, come fa? E, soprattutto: che giorno è?

Una storia matematica – Capitolo zero

di Alessio Palmero Aprosio

Pubblichiamo, da oggi ogni venerdì per n puntate (non vi dico quante sono: lo saprete solo alla fine), il racconto di alcuni ragazzi che si accingono a iscriversi all’Università. Ogni riferimento a persone, cose o numeri è puramente casuale.

Capitolo zero

Il candidato entrò dalla porta dell’aula, un po’ teso. La sala era grande, circa duecento posti, tutti rigorosamente vuoti. Andrea era l’unico di quella tiepida giornata di ottobre, l’unico e ultimo candidato di quell’ultimo appello di geometria prima dell’inizio delle lezioni del nuovo anno accademico. Entrò dalla porta posta sulla destra della lavagna; c’erano due porte per entrare nell’aula, una sulla destra e una sulla sinistra, una per gli studenti e una per i docenti, o almeno così diceva il regolamento.

Il docente:

– Il suo nome, prego.
– Davide Greco.
– È qui per l’esame di geometria, vero?
– Sì, secondo modulo.
– Beh, iniziamo in modo… standard. C’è un argomento del corso che le è piaciuto particolarmente?
– Così su due piedi…
– Non so, una parte del programma che l’ha colpita particolarmente.
– Spazi topologici.
– Bene, che cos’è uno spazio topologico?

Il giovane iniziò l’esposizione zoppicando un po’.

– Uno spazio topologico. Allora, dato uno spazio W, anzi no, dato un insieme X e una topologia tau

Dopo circa 40 minuti l’orale stava volgendo al termine. Il candidato non era stato all’altezza della situazione, e il docente sarebbe dovuto andare, di lì a poco, a svolgere la prima lezione del nuovo anno accademico ai nuovi iscritti.

– Mi disegni una retta.

Il candidato tracciò una linea sulla lavagna.

– Non ci siamo, mi dia la definizione euclidea di retta.
– Una retta è una linea infinita.
– Meglio definita come lunghezza senza larghezza, non è così?
– Be’, sì…
– E le sembra lunghezza senza larghezza? Quello è un segmento, non una retta.

Il candidato allungò la linea fino al bordo della lavagna.

– Prosegua pure sul muro.

Così fece.

– Vada pure avanti, fuori dalla porta.

Così dicendo il candidato uscì dalla porta sulla destra della lavagna, e il docente da quella sulla sinistra.

(continua)